Come eliminare l’elettricità statica dalla plastica: la lavorazione dell’HDPE

Mag 31, 2021 | Lavorazione della plastica | 0 commenti

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L’HDPE – High-Density Polyethylene, polietilene ad alta densità – è uno dei polimeri più lavorati e utilizzati al mondo: si stima, infatti, che ogni anno ne vengano lavorate più di 30 milioni di tonnellate. La sua diffusione e il suo successo sono dovuti al ad alcune sue caratteristiche, che lo rendono particolarmente resistente e adatto agli usi più svariati. Per questo motivo, a livello industriale sono molti i settori che lo lavorano. Come ogni materiale plastico, però, anche l’HDPE si carica elettrostaticamente durante i processi che prevedono lavorazioni con macchine ad alta velocità. Dunque, anche per questo tipo di plastica, si pone il problema di come eliminare l’elettricità statica. 

Che cos’è l’HDPE

L’HDPE si ottiene dalla polimerizzazione dell’etilene e appartiene alla famiglia delle Poliolefine, che comprende altri tipi di polietilene, a bassa e media densità (LDPE e MDPE). Rispetto al LDPE, ha proprietà meccaniche migliori. Può inoltre sopportare temperature elevate, fino a 120°C per brevi periodi, e 110°C in modo continuo; resiste anche alla maggior parte dei solventi e per questo motivo può essere usato anche per realizzare contenitori in cui saranno poste sostanze e rifiuti pericolosi. Il suo aspetto è in genere opaco.

L’HDPE è un materiale riciclabile, che quindi risponde alla filosofia di produzione della nostra epoca, in cui le risorse a nostra disposizione non possono essere sprecate. In secondo luogo, è adatto al contatto con gli alimenti perché atossico e inodore: per questo l’industria alimentare e del packaging ne fanno largo uso.

La scoperta e i primi impieghi dell’HDPE: un po’ di storia e una curiosità

Il polietilene, come molti altri materiali, è stato scoperto quasi per caso, da E.W. Fawcett e R. O. Gibson, che innescarono una reazione tra etilene e benzaldeide all’interno di un’autoclave. A causa di una perdita di pressione, l’esperimento non avrebbe dovuto dare i risultati sperati, ma la sostanza bianca e cerosa che si era prodotta attirò l’attenzione dei due scienziati, che decisero di ripetere le operazioni (fonte PlasticFinder).

I primi brevetti furono registrati nel 1936 dalla Imperial Chemical Industries, e l’anno successivo il materiale venne lavorato come film, trovando i primi utilizzi a livello industriale. Durante la Seconda guerra mondiale, fu utilizzato per rivestire i cavi sottomarini e come materiale isolante per varie applicazioni militari. Essendo molto leggero e sottile, infatti, poteva facilmente essere posizionato sui radar degli aerei senza aggiungere peso. La diffusione per scopi diversi da quelli militari avvenne quindi soltanto alla fine della guerra. 

L’HDPE fu inventato nel 1953 da Karl Ziegler del Kaiser Wilhelm Institute e Erhard Holzkamp. A dieci anni di distanza, Ziegler ricevette il Premio Nobel per la Chimica.

Dove si usa l’HDPE e in che modo

I settori in cui viene utilizzato l’HDPE sono numerosi, dal packaging per l’industria alimentare all’edilizia. Tra i semilavorati e i lavorati troviamo infatti:

  • componenti per industria chimica, 
  • imballaggi,
  • isolamento di cavi metallici,
  • rivestimenti,
  • contenitori, 
  • tubi per l’edilizia, 
  • flaconi per detersivo, 
  • borse di plastica. 

La plastica è un materiale neutro: anche lavorando l’HDPE possono formarsi delle cariche elettrostatiche

L’HDPE viene sottoposto soprattutto a trasformazioni mediante processi di stampaggio a iniezione, estrusione e soffiaggio: si tratta di operazioni in cui si genera spesso un accumulo di energia elettrostatica e che, quindi, possono dar luogo a problemi durante i vari cicli. La plastica, infatti, è un materiale neutro che si carica con facilità a seguito di attriti e sfregamenti, come quelli che avvengono nel passaggio all’interno di macchine industriali che operano ad alte velocità. 

La formazione e l’accumulo di cariche elettriche dà luogo a una serie di problemi, più o meno gravi, che possono per prima cosa abbassare la qualità del prodotto finale, ma anche risultare pericolose per gli operatori. Parliamo delle scosse, così come del rischio di incendi.

Come eliminare le cariche elettrostatiche nella lavorazione dell’HDPE

Eliminare gli effetti negativi delle cariche elettrostatiche che si generano nella lavorazione dell’HDPE è possibile, grazie a sistemi semi attivi che le neutralizzano: si tratta di barre elettrostatiche, soffianti, ugelli, barre circolari.

Sono sistemi che ionizzano l’aria circostante il corpo caricato, scomponendo gli atomi in ioni positivi e ioni negativi. Questa azione riporta il materiale plastico in condizioni neutre, eliminando i problemi legati all’accumulo di cariche.

Tuttavia è importante ricordare che, di per sé, non è detto che questi sistemi ionizzanti risolvano il problema. Un modello sbagliato o posizionato in un punto della macchina lontano dall’area in cui si formano le cariche non serve. Le cariche vanno prima individuate e misurate e solo a quel punto si potrà scegliere il prodotto più adatto.

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