Cos’è e come si calcola la resistività elettrica?

Nov 4, 2022 | Da sapere | 0 commenti

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“Grandezza caratteristica di ogni materiale, pari, per un materiale omogeneo, alla resistenza elettrica R di un campione di quel materiale, di lunghezza l e sezione (costante) S unitarie, secondo la cosiddetta 2ª legge di Ohm: R=ρ.l/S, dove ρ è appunto la resistività. ” 

È la definizione che il sito Treccani.it dà del termine resistività elettrica, una grandezza fisica che indica la resistenza specifica di un oggetto alla corrente.

Conoscerla può aiutare chi lavora nelle industrie che trattano materiali isolanti a ridurre i pericoli causati dalle cariche elettrostatiche come scosse agli operatori, esplosioni e incendi.

Ti chiedi come sia possibile collegare questi due concetti? Scopriamo insieme cos’è la resistività elettrica, come si calcola e come può aiutare chi ha un problema con la staticità.

La resistività elettrica e la seconda legge di Ohm 

La resistività è l’attitudine di un materiale a opporre resistenza al passaggio delle cariche elettriche (fonte: Wikipedia). 

È denominata anche “resistenza specifica della materia”. 

L’unità di misura è l’ohm per metro (Ω·m) perché si basa sul presupposto che un conduttore abbia una resistività pari a 1 Ω·m se, avendo una sezione di 1 m quadrato, la sua resistenza vale 1 Ω per ogni metro di lunghezza.

Ogni oggetto ha una sua resistività, che dipende dalle proprietà chimiche e fisiche della materia di cui è fatto. Le prime sono correlate alla composizione atomica, mentre le altre dipendono dalla temperatura alla quale si trova il materiale conduttore di elettricità.

La resistività, quindi, varia a seconda di questi due fattori. Ecco perché a ogni materiale è stato attribuito un certo coefficiente ά (alfa) che rappresenta la variazione di resistività al variare della temperatura di un grado centigrado (1°C). 

Tutti i coefficienti sono tabellati.

La formula per calcolare la resistività è ρ=R*S/l.

Non è altro che la formula inversa della già citata seconda legge di Ohm R=ρ∙l/S, dove:

  • R è la resistenza elettrica di un materiale
  • ρ è la resistività
  • l è la lunghezza
  • S è la sezione costante unitaria.

Anche se la prima formula è la più giusta, quella più utilizzata è la seconda perché la legge di Ohm ci dice, come si evince dalla formula, che la resistenza di un corpo all’elettricità è direttamente proporzionale alla resistività (dipendente a sua volta da materiale e temperatura) e alla lunghezza e inversamente proporzionale alla sezione.

Fonte: Google.it

Questa legge – scoperta dal fisico durante i suoi studi per capire la forza di conduzione dei materiali – rappresenta, quindi, un metodo di calcolo della resistenza a partire dalle qualità costruttive di un materiale. I parametri sono fissi e non variano nel tempo.

La resistività è una caratteristica di un corpo ed entra in gioco quando si parla di protezione dalle cariche elettrostatiche nelle industrie dell’automazione. 

Resistività e cariche elettrostatiche: perché bisogna conoscere questi termini

La resistività è la capacità di resistere alla corrente, ma ci sono i materiali isolanti che invece sono incapaci di condurla, causando lo spostamento degli elettroni da un nucleo all’altro, che porta alla generazione di cariche elettrostatiche. 

Queste sono un nemico insidioso all’interno dei processi produttivi e possono causare problemi anche gravi, come:

  • rallentamenti o fermo della produzione
  • scosse agli operatori 
  • incendi ed esplosioni
  • calo delle prestazioni del macchinario e della qualità dei prodotti finiti.

Se in un ambiente a rischio scarica elettrica si devono indossare indumenti o guanti dissipativi, bisognerà testarne la resistività elettrica e verificare che sia abbastanza alta da poter salvaguardare gli operatori. In questo modo, si potrà lavorare senza il pericolo di scosse elettrostatiche.

Perché si formano le cariche elettrostatiche?

La lavorazione in macchine automatiche di materiali isolanti (ovvero neutri, perché sono privi di carica elettrica), li sottopone a pressioni, sfridi e sfregamenti che causano uno scambio di elettroni, portandoli ad accumulare carica negativa. Ed è così che si formano le cariche elettrostatiche. 

Queste possono presentarsi, in particolare, in due aree principali: 

  • Area Elettrostatica Protetta (EPA5): aree all’interno dello stabilimento di elettronica, automotive, prodotti di consumo, dove la statica può danneggiare o indebolire i dispositivi elettronici.
  • Zona Atmosfera Esplosiva (zona ATEX6): in settori come quello chimico, farmaceutico, alimentare, in cui sono presenti nell’aria sostanze tossiche e polveri, la presenza di cariche elettrostatiche può causare pericolose esplosioni e incendi  

In queste zone è utile utilizzare indumenti – guanti, tute, scarponi, giubbotti – composti da materiale dissipativo, capace di allontanare le cariche elettrostatiche.

È bene sottolineare che negli ambienti pericolosi non basta indossare indumenti adeguati per eliminare i pericoli, ma bisogna rispettare una serie di norme. In Italia e in Europa, le normative di riferimento principale in materia sono il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e la direttiva ATEX 99/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive. 

Come eliminare le cariche elettrostatiche

Indossare indumenti dissipativi e rispettare le norme aiuta a ridurre o evitare gli incidenti in ambienti pericolosi, ma non risolve completamente il problema dell’accumulo di cariche elettrostatiche, che devono essere neutralizzate.

Il rimedio esiste: bisogna utilizzare le barre ionizzanti. Si tratta di dispositivi antistatici che, installati nei punti in cui si forma la statica, ionizzano l’aria ripristinando l’equilibrio elettrico degli atomi.

Eliminare le cariche significa risolvere eventuali rallentamenti della produzione, oltre al rischio di scossa degli operatori e dello scoppio di incendi scatenati dalle scintille elettrostatiche.

Hai un problema di cariche elettrostatiche? Chiedi una consulenza

Se hai anche tu un problema legato all’accumulo di energia statica, la consulenza di un tecnico esperto e competente è il primo passo per risolverlo. L’installazione delle barre ionizzanti, infatti, richiede uno studio delle macchine e dell’ambiente, per individuare il modo più efficace di neutralizzare le cariche.

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